domenica 20 ottobre 2013

La Domenicafobia

dai su...chi ci ha creduto?

io due giorni...forse tre.

Lo sapevamo tutti. 

Eppure di cose ne ho fatte, me ne sono capitate...ma sono entrata nel vortice, nella bolla. e ho smesso di pensare, un po'. Di conseguenza il bisogno di scrivere da che era un'impetuosa tempesta, si è trasformato in un cucciolo di lamantino. 

Non mi è mai piaciuta la domenica. L'ho sempre associata alla nostalgia, alla malinconia...solo d'estate, quando i giorni e le ore scompaiono, mi dimentico dell'esistenza della domenica...e invece eccola; ultimamente si è fatta rivedere, lenta, assonnata, scostante. 
Mi ero illusa che a Parigi la domenica non arrivasse, che si confondesse con gli altri giorni, tra il caos delle metro e l'ansia di una città che non deve fermarsi mai...e invece eccola; grigia, piovosa, sola.

Se vivessi vicino ai boschi, di domenica andrei a raccogliere funghi, castagne, mughetti (secondo le stagioni), tornerei a casa con le scarpe sporche di fango, la giacca umida e le mani infreddolite (secondo le stagioni) e accenderei il caminetto (secondo le stagioni)

Se vivessi in riva al mare probabilmente cercherei di uscire di buon ora per andare a comprare il pesce, per una passeggiata al mare, per cercare conchiglie sulla spiaggia, tornerei a casa coi capelli che sanno di sale e dei granelli di sabbia nelle scarpe.

Se vivessi in un villaggio in pianura il sabato mi informerei su quali fiere di paese ci sono nei dintorni la domenica  e non me ne farei scappare nemmeno una: il marrone, il peperone, il fungo porcino, il fritto misto...

Se vivessi a Torino... andrei a pranzo dai Sarà per poi tornare a casa, fare cena e lamentarmi della quantità di cibo ingurgitata in un solo giorno, poi, la domenica successiva, farei esattamente lo stesso.

Noi domenicafobici abbiamo assurdamente bisogno di piani per la domenica mentre il resto della settimana lo viviamo tranquillamente a caso. Il martedì dormire fino a tardi e gozzovigliare ci sembra una gran figata...la domenica l'idea ci terrorizza.

Abbiamo bisogno di piani, di proposte, di qualcosa che ci faccia dimenticare che è domenica.

E ci ingegniamo, scervelliamo, tirando fuori quel lato organizzativo del carattere che il resto del mondo sfrutta per cose serie mentre noi lo vediamo affiorare solo per le più becere minchiate...

Ieri sera, verso mezzanotte e mezza, seduta sul divano, con un'ottima tazza di tisana-pisco in mano la soluzione alla mia domenica si è presentata sottoforma di uova, pancetta e pane tostato: UN BRUNCH

Non mi stupisce che la maggior parte di voi, fortunati "accettadomenica", non trovi questa idea geniale ma vi assicuro che solo così ho potuto dormire sogni tranquilli e resistere alla tentazione di non mettere una sveglia per poter "saltare" la domenica dormendo tutto il giorno..

avevo una missione

e vi dirò di più, questa mia piccola fobia (la cui colpa dò alla scuola e al terrore che essa provoca nel 70% della popolazione italiana tra i 6 e i 18 anni, tutti potenzialmente domenicafobici) mi ha portato a scoprire l'esistenza di un banco italiano al mercato qua vicino...

Camminavo tranquilla tra banchi di frutta e verdura, formaggi di capra, crepes fatte al momento, pane di vario tipo....quando, tra i pacati "bonjour madame" "merci" dei venditori di frutta e le cantilene in arabo/francese di due ragazzi che vendevano fusti di detersivo grandi quattro volte il mio cane spiegando alle madame quanto bene pulisse il loro prodotto, ho sentito la seguente frase: " Pasquà a quanto la facciamo la burrata?"

Ecco, ho pensato.... classico sintomo della domenicafobia, allucinazione nostalgica. A tal punto che non solo sento parlar italiano, ma napoletano e per giunta di burrata! 

Chi di voi ha visto il cartone animato "Cattivissimo me" sa di cosa parlo quando dico: unicorno.

Per gli altri, la farò breve: bambina orfana, nessuno le ha mai voluto bene in vita sua, il sig. Cattivissimo la porta alle giostre e vince per lei un morbidosissimo stupendo coccolosissimo peluche di unicorno.
La piccoletta a quel punto sprizza stelline e fuochi d'artificio dagli occhi e fa salti di 6 metri.


Ovviamente nella realtà non sprizziamo stelline e cazzate varie dagli occhi e la mia propensione alla birra ultimamente mi permette al massimo di salire sui marciapiedi. Detto ciò....mi giro e davanti a me si estende quella che mi è sembrata un'enorme bancarella illuminata dal sole (la bancarella era normalissima e il cielo grigio come piombo). Parmigiano, coppa, lardo, pancetta, pomodori secchi, acciughe alla marinara, burrata, mozzarella, ricotta... sono rimasta mezz'ora. Ho parlato un po' francese un po' italiano con i miei compaesani emigrati per metà da Frosinone per metà da Sorrento. Mi ha servito un ragazzino che avrà avuto 17 anni e che si è preso almeno 3 scappellotti in mia presenza perchè non diceva una parola di italiano nonostante quelle fossero le sue origini.

Sono tornata a casa con le uova, della vera pancetta, un po' di coppa, una burrata, dei pomodori secchi, verdura e frutta, crepes, croissant, pane.

Fiiiuuuu, Anche questa volta l'ho scampata. 




martedì 24 settembre 2013

Dall'altra parte della barricata

Quando esco di casa, tra le sei e mezza e le sette di pomeriggio, rue Verollot profuma di pesce grigliato.

sembra un ossimoro,lo so. Invece no. Con profumo di pesce intendo dire quello che ti avvolge quando ti avvicini a Maruzzella, Salento (chi non sa di cosa sto parlando non ha ancora vissuto veramente).

Quando esco di casa, tra le sei e mezza e le sette di pomeriggio, su rue Verrolot, mi pento di non aver sgranocchiato qualcosa prima di uscire. Quel profumo mi stuzzica le viscere come l'odore di bistecca un cane affamato.

Compro due birre fresche dall'indiano sotto casa, dopo avergli chiesto il prezzo tre volte riesco comunque a dargli i soldi sbagliati. Sarà lo stupore di pagare tutto il doppio rispetto all'Italia, sarà il mio decennale problema con i numeri. Mi guardo intorno, non ci sono prezzi scritti, ci provo - c'est combien? - farfuglia qualcosa...non capisco, una vocina mi dice - sarà che è indiano - affianco a me una donna sbuffa, aspetta da un po'. La faccio passare, il negoziante mi sorride: è un sorriso senza denti.
La donna paga in fretta, scambia due parole con lui e se ne va. Sconsolata lascio perdere le monete e gli metto in mano una banconota da 5, mi dà il resto e si mette a chiacchierare con una vecchina che vuole sapere che tipo di dolci tipici hanno. Si capiscono perfettamente.

Chi è lo straniero?

Non mi piace la metro, cammino piuttosto e risparmio i soldi di un biglietto. Intravedo il negozio di telefonia in cui ho acquistato una carta sim francese e decido di entrare per aver più informazioni sul mio conto telefonico. Il commesso, arabo credo, mi spiega pazientemente tre volte le cose. Quando faccio per uscire mi chiede - tu es de quelle origine? - ... - italienne - fà un cenno con la testa -ah,oui!- ora gli è tutto più chiaro.

Chi è lo straniero?

Belleville odora di menta, quella dei primi mojitos delle turiste inglesi, quella dell'ultimo tè alla menta di chi vive lì da anni, di chi ci è nato.

Belleville odora di piscio. Dei cani che bazzicano per i dehors dei bar in cerca di qualche briciola, dei gatti che furtivi escono dal Père-Lachaise per rientrare col buio, di tutti quelli che si fermano a pisciare per strada perchè, forse, hanno bevuto troppi mojitos, troppi tè alla menta.

Il sole, per oggi, saluta Parigi regalandole gli ultimi caldi raggi arancioni di settembre. è ormai sera, entro in un bar affollato, scambio due chiacchiere con degli studenti conosciuti per caso come tutto sembra avvenire in questa città, con la mia birra in mano esco per strada per fumare una sigaretta e vengo subito fermata da un poliziotto che si stacca da una camionetta all'angolo. - è vietato bere per strada, soprattutto se da lattine o vetro - sorrido un po' impacciata, chiedo scusa, il mio accento non passa inosservato - vous avez une pièce d'identité?- mi chiede. Tiro fuori il documento, lo apre lo guarda, guarda la foto, mi guarda. Me lo ridà senza aggiungere altro.

Chi è lo straniero?

Butto la mia birra, nemmeno a metà...con quello che l'ho pagata, penso. Sbuffo, metto gli auricolari, Vinicio Capossela a palla, giro i tacchi e me ne vado.

eccomi dall'altra parte della barricata.


domenica 22 settembre 2013

La Metropoli

metròpoli s. f. [dal lat. tardo metropŏlis, gr. μητρόπολις, comp. di μήτηρ -τρός«madre», e πόλις «città»]. – 
La capitale, o in genere la città principale di uno stato, di una regione: la m. lombarda, Milano. Per analogia, città a cui sia riconosciuta una particolare preminenza: Romam. del mondo cattolicoParigi è la m. del mondo artistico

sappiamo tutti quanto valgono le definizioni. sono come le etichette, generiche, impalpabili, insomma...nulla che si avvicini alla realtà.


Ve lo dico io cos'è una metropoli: il mondo intero in una superficie ristretta.

una metropoli è aspettare la metro alle otto di sera e trovare, dall'altra parte della banchina, un rabbino (o apparentemente tale) ubriaco (palesemente tale) con un testo non meglio identificato (poteva essere un testo sacro quanto l'ultimo numero di Topolino) in mano che sbraita parole di salvezza e di monito a tutti i presenti.

è ritrovarsi per caso in un'enorme piazza in cui contemporaneamente avvengono le seguenti cose


- un giapponese si allena in volteggi di danza classica all'interno di una fontana

- un figlio illegittimo di Michael Jackson si esibisce in canto, ballo, e molestia del pubblico
- una jam session di tazzine di caffè ai tavoli del bar più fighetto del luogo
- un vecchio abbigliato a barone che mangia una scatola di fagioli con il solo ausilio delle mani

è bersi una birra tra la tomba di Jim Morrison e quella di Marcel Proust


è pagare nove fottutissimi euro per guardare un film in una sala di cinema grande quattro volte la più grande sala di cinema di Torino


è fumarsi una sigaretta per strada ed essere fermati da un signore sulla cinquantina che, pieno di sacchi e sacchetti di ogni tipo, ti chiede di scambiare un po' di tabacco per una pesca. Darglielo e per la tua gentilezza ricevere due pesche, sei o sette susine e il racconto di come sono nate le clementine.


è  acquistare il giornale culturale della città per cercare di capire cosa fare in giornata o serata e ritrovarsi in mano un libro dello spessore della Bibbia, sfogliarlo, e finire in un mercatino di libri ad 1 euro dove una fanfara suona 'o sarracino e tammuriata nera. Farsi prendere dall'emozione e tornare a casa con un libro illustrato per bambini sul mestiere di pompiere.


passare due ore all'interno di un supermercato egiziano cercando di capire se la scatola che hai in mano contiene frutta secca, biglie o lenticchie e assaggiando almeno nove tipi diversi di olive


essere così contenta di ritrovare la pace e la tranquillità di una casa da passare la domenica a lavare, pulire e leggere poesie di cui capisci la metà delle parole bevendo tanto tè alla menta.

mercoledì 18 settembre 2013

Il primo giorno di scuola

o meglio... il primo giorno a Parigi!

sono nota per prendere seriamente le cose per ben poco tempo...ebbene purtroppo è tutto vero. Ma ecco che il blog ha solo un giorno di vita quindi rientra ancora in quell'arco di tempo in cui riesco ad essere costante e abbastanza precisa. (poi la precisione per le cazzate è sempre stato un mio "pregio").

Per rendere ancora più serio, coscienzioso e puntuale questo blog stamane ho addirittura preso appunti in metrò. Appunti accuratamente annotati sul taccuino, strumento che nella "cassetta degli attrezzi" (cit.) di un buon sociologo/antropologo non deve mai mancare.

Ed ora, comodamente svaccata sul "mio" mini letto in soffitta, con una sigaretta in mano e il pigiama addosso (ahhh..le gioie di vivere soli) vi racconto la mia prima giornata in questa giungla folle e movimentata.

Tutto è iniziato con una sveglia (ebbene sì! a volte la uso anche io) dall'orario alquanto improbabile.
7.30...da quanto non ti svegliavi a quest'ora Vitanza?* probabilmente dalla gita al Melezeth in terza elementare...

Poi, dopo essermi sparata una gloriosa caffettiera da 4 persone (gloriaddio in questa casa c'è una caffettiera), mi sono vestita e svestita almeno 3 volte a causa dei repentini cambiamenti d'umore del tempo parigino. Dopo aver optato per quelli che mi sembravano essere i vestiti meno sporchi e aver scrostato un po' di fango (reduce da un festival di qualche giorno fa) dalle scarpe ho, finalmente, preso la porta.

Ora...urge una piccola parentesi sul lombrico-divora-terra-parigino altresì noto come Metrò:

- non bisogna cercare di prenotarlo con il gesto della mano, rischio di tranciarsi il braccio e di ricevere sguardi perplessi dagli astanti = la metrò non è un tram ( e comunque qui a Parigi manco i tram si prenotano)

- a Parigi non è ammessa la "testanuvolaggine", cosa che fa parte di me almeno per il 40% di una giornata, possibili conseguenze:

1) essere travolta da chicchessia che si trova in loco, tutti, a Parigi, tranne i barboni e i cani, vanno di fretta. E con di fretta intendo dire che non guardano in faccia a nessuno, puoi essere zoppo, cieco, infante, sperso...fotte sega: ti travolgono.

2) perdere la fermata della metro per che sei troppo impegnata a cercare di memorizzarne il nome o a raccapezzarti su dove minghia si trova la tua Università

3) farti fottere tutto quello che possiedi (questo per fortuna non è ancora accaduto, i punti precedenti evidentemente sì)

- devi e dico DEVI possedere una mappa della metro, una dei tram, una dei bus, una delle strade perchè altrimenti sei PANATO VIVO

Insomma, dopo mille peripezie, essermi persa circa 3 volte e aver domandato altrettante volte a passanti vari indicazioni con scarsi risultati, grazie al mio famoso culo sono praticamente andata a sbattere sul cartello UNIVERSITE PARIS DIDEROT. Ho alzato il naso e, dalle dimensioni del campus che mi si stagliava di fronte ho capito che qui "mica pizza e fichi".

Il mio adorabile senso dell'orientamento, pari a quello di un cactus a NewYork, ha fatto sì che riuscissi a perdermi all'interno del campus ma, il mio infallibile spirito di osservazione ha ribaltato la situazione. In men che non si dica ho individuato quelli che potevano essere solo ed unicamente, qui come a Torino come in ogni angolo di questo pazzo mondo, dei docenti di antropologia. Il trio era così composto:

- l'antropologa del simbolismo, ovvero una cinquantenne dall'aspetto di un'ottantennne truccata come una sedicenne cieca. Colei che alla presentazione ha biascicato, palesemente ubriaca o fatta, delle parole incomprensibili a me come a tutti i francesi presenti, sui suoi studi sul simbolismo giudaico (grazie al cazzo che poi alle dieci di mattina sei fatta come una pera*.)

- il sociologo che si crede antropologo. Giacchetta di velluto, sciarpa improbabile, orecchino, capelli arruffati (no,no non è Ludovico Roccatello!)...inconfondibile. Ma alla presentazione ti sei fatto sgamare amico mio, troppo preciso per essere un antropologo,

- il geografo/antropologo. Ebbene sì: esistono! Vestito precisino e abbronzatura inspiegabile...fino al momento in cui ha rivelato il suo ambito di ricerca: situazione abitativa a San Paolo du Brasiu!

Fu così che incredibilmente mi ritrovai in (quasi) perfetto orario al mio primo giorno di scuola.
Non starò ad annoiarvi con la presentazione del mio corso di laurea dico solo: nulla a che vedere con Palazzo Nuovo, insomma pare una bomba! (mi hanno già dato dei compiti a casa ARGH!)

Passiamo dunque all'evento saliente di ogni primo giorno di scuola che si rispetti: la prima conoscenza.

Si chiama Nancy.

è nera (lo so, lo so, ma che vi devo dire...mi piacciono! e poi qui non è che hai molta scelta, sono ovunque*)

ha delle Dottor Martens fichissime

la prima cosa che mi ha chiesto è - scusa, tu sei anarchica?- ...silenzio... - no perchè c'hai la faccia da anarchica- ...silenzio...cazzo cazzo Vitanza dì qualcosa potrebbe essere la tua salvezza, la tua prima amichetta, magari ha una buona merenda come quegli ottimi panini all'olio fatti in casa che aveva sempre Tecla alle elementari....silenzio... - ehm, non lo so, ci devo ancora pensare!-

siamo diventate amiche. mi ha presentato i suoi amici, mi ha fatto fare un giro per il campus, poi mi ha fatto un'altra domanda bizzarra - è vero che in Italia tutte le nere sono considerate prostitute?- ...silenzio...forse è una domanda trabocchetto, forse è una del corpo docenti camuffata da giovane universitaria per controllare il livello di razzismo degli studenti di antropologia...silenzio...rispondi qualcosa di furbo, qualcosa di furbo dai! - euhm..dipende da quanto è coglione l'italiano in questione - ho farfugliato

mi ha invitato a bere una birra con i suoi amici. Ho rifiutato, gentilmente. Le ho chiesto le indicazioni per tornare a casa, mi sono persa, ho camminato mezz'ora.
 Ho comprato delle merguez (rinominate da me "le dita di dio dei poveri"), sei birre e degli yogurt.

Sono arrivata a casa. Ho mangiato. Ora dormo. Domani, ancora la sveglia, ancora il metrò, ancora Parigi.

* perdonate: l'influenza del grande Cesare a volte si fa sentire
* chiedo scusa agli ebrei che mi leggono. Albi, Paola, Ele: lo so che ci siete
*preciso, a scanso di equivoci, che ogni battuta su genere, religione, colore della pelle, credo politico o qualsiasi altra possibile connotazione umana va presa come tale!

Colonna sonora della giornata:

 Le chant des partisans - Les Motivés: perchè per un primo giorno di scuola serviva la motivazione giusta

Aguas de marco - Tom  Jobin, Elis Regina: perchè ricorda l'importanza delle piccole cose

Stella d'argento - Brunori SAS: perchè nonostante tutto, un po' di nostalgia è già nell'aria

'Notte

martedì 17 settembre 2013

E Parigi fu...

Bene, dunque...ehmehm...prova prova sasasa, 1..2..3 si comincia!

Ci sono tanti motivi per cui scrivere, c'è chi scrive per amore, chi scrive per passione, chi scrive perchè sa che sa scrivere, chi per soldi, chi perchè ha davvero qualcosa da dire. Io, scrivo per paura, strizza, adrenalina, bisogno forse e perchè così potrò rileggermi e ridere di me e perchè, così, potete leggermi e....ridere di me. Un po' anche perchè così evito di dover mandare mille mail, collegarmi ad infernali siti come facebook dove poi ti viene la tentazione di vedere le foto delle vacanze a Diano Marina del tuo compagno della materna (chissàperchèpoi).

e allora ecco il primo post:

1- il blog si chiama "anche le vacche scondizolano"perchè dopo aver girovagato un'estate in Francia ed aver assunto che qui ci sono più vacche che persone oggi, verso le 19.37, dal finestrino del treno "Ouigo" tratta Marseille-Marne le Vallée, carrozza 8, posto a sedere 481, ho visto, con questi occhi, una vacca SCODINZOLARE. Immagino già chi di noi più ne sa di vacche (grezzo..e mi fermo qui per non scadere nel volgare) pensare che io mi sia sbagliata. Pensare che la vacca, con la sua lunga coda, stesse scacciando delle mosche o dandosi una grattatina alla schiena. Nulla di più falso: quella vacca ha scondizolato! Parola di lupetto.

2- per chi non lo sapesse mi trovo a Parigi, più esattamente Ivry sur Seine, banlieu sud perchè ho avuto la folgorante idea di tentare un Master in Migrazioni e blablabla alla facoltà di scienze umane e sociali di Paris 7. Bella idea. Soprattutto quella di non controllare il giorno di inizio delle lezioni ritrovandomi, quindi, a dovermi catapultare alla velocità della luce nella metropoli francese. Merito anche dell'efficiente burocrazia francese che mi ha comunicato lunedì l'accettazione al master, master che comincia: domani!

3- vedo già sui volti di alcuni di voi il sorriso che si allarga, e la consapevolezza di avere, in futuro, un posto gratis in cui dormire nel caso si proponesse un week-end a Parigi. Ebbene sì.
Ma vi avverto...a me non sembra un posto ospitale. Lasciare la piccola Torino che iniziava ad andarmi tanto stretta potrebbe rivelarsi un errore fatale: niente più tram arancioni sferraglianti ma metrò stracolmi di gente simili a grossi lombrichi trivellatori di terra. Pioggia, pioggia, pioggia e soprattutto...per cena, farfalle malcotte al burro (demi-sel) con  una pioggia di emmental grattuggiato, come dicono qui: C'est la galére!

Ebbene detto ciò, anche se può non sembrare, sono felice di essermi imbarcata in questa avventura, la strizza, detto fra noi amici miei, è alle stelle. Mi sento un poco come al primo giorno di scuola delle elementari, domani la sveglia suona presto (Strade di Francia-Daniele Silvestri), spero che il mio pessimo senso dell'orientamento mi abbandoni e, plan de paris alla mano, si parte, direzione: la mia nuova scuola.

Stay tuned....

Colonna sonora della giornata:

 La collina dei ciliegi - Lucio Battisti: perchè serve coraggio nella vita e poi, quasi sempre dietro la collina è il SOLE

Andate tutti affanculo - Zen Cirus: per ricordarsi che "le paure non han fissa dimora"

Me cago en el amor - Tonino Carotone: perchè è un mondo difficile e il futuro è incerto, sempre. Ma questo, a mio avviso promette solo bene!

Buonanotte